lunedì 21 giugno 2010 17:28
Inps - Gestione commercio - quando cessa l'attività
L'INPS con Messaggio del 10/6/2010, n. 15352 interviene sulla decorrenza e cessazione dell'obbligo contributivo alla gestione speciale esercenti attività commerciali per i soci liquidatori e in caso di affitto di azienda.
Lo stato di liquidazione della società “non comporta necessariamente la cessazione dell’attività dei soci e che, in tale presupposto, i contributi continuino ad essere dovuti sulla base del reddito d’impresa”. “L’iscrizione alla Gestione commercio continuerà a permanere valida sia per i soci liquidatori e sia per gli altri soci che continuano a svolgere l’attività sociale rimanendo inalterato il principio dell’attività svolta con carattere dell’abitualità e della prevalenza”.
Il presupposto perché permanga l’obbligo di iscrizione consiste nello svolgimento, con i caratteri dell’abitualità e della prevalenza, della “attività sociali”, ossia di quelle operazioni inerenti al raggiungimento dell’oggetto sociale e quindi analoghe alla quotidiana attività che l’impresa ha esercitato durante la propria vita. Ne consegue che il socio liquidatore è soggetto all’obbligo d’iscrizione alla gestione commercianti fintanto che oggetto delle operazioni di liquidazione siano gli stessi beni o servizi già oggetto dell’attività d’impresa (l’ipotesi più semplice è data dallo smaltimento delle scorte di magazzino a prezzi ribassati).
Pertanto, pur ribadendo il principio secondo cui lo stato di liquidazione non comporta necessariamente la cessazione dell’attività che ha dato luogo all’iscrizione, si evidenzia che la predetta cessazione non è necessariamente legata alla cancellazione dell’impresa presso la CCIAA. È possibile, infatti, che il soggetto, pur trovandosi in condizione di non poter più esercitare l’attività (avendo ad esempio liquidato le merci o i servizi, oppure avendo cessato le utenze o il contratto di locazione dei locali aziendali, oppure non essendo più in possesso di un registratore di cassa, ecc.), non possa procedere alla cancellazione dell’impresa, in quanto in attesa di alienare i beni strumentali. In questi casi, non si è più in presenza di un’attività aziendale che costituisce titolo per l’imposizione contributiva, bensì di una mera monetizzazione dei beni utilizzati per l’esercizio dell’attività medesima, con conseguente venir meno dei requisiti d’iscrizione alla gestione commercianti.
Con riferimento al caso di “affitto di azienda” - ossia al contratto con il quale un soggetto cede ad un terzo il diritto di utilizzare la propria azienda dietro il corrispettivo di un canone (art. 2562 codice civile) - è necessario tenere presente i principi dettati dalla normativa fiscale. In base a tali principi occorre considerare che l’imprenditore individuale, che ceda in affitto l’unica azienda, perde lo status di imprenditore, con la conseguenza che i canoni di locazione sono tassati come redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera h), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle imposte sui redditi). Non si configureranno pertanto, in capo al concedente, gli estremi per l’iscrizione alla gestione esercenti attività commerciali. Diversamente, ove il cedente dell’intera azienda sia una società, i canoni di affitto partecipano alla formazione del reddito d’impresa, pertanto, ricorrendone i presupposti, i relativi soci potranno restare soggetti ad imposizione previdenziale. Allo stesso modo, ove - indifferentemente - un imprenditore individuale o una società cedano in affitto soltanto una parte dell’azienda medesima, o una delle attività condotte, permarrà l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti e nell’imponibile contributivo rientreranno anche i canoni derivanti dall’affitto del ramo d’azienda, che saranno configurabili come redditi di impresa.
Di diverso tenore è il caso in cui un’impresa, proprietaria di uno o più immobili, dichiari ed eserciti l’attività di “affitto di immobili propri” e dizioni similari. Tale attività, sia che consegua ad una precedente e diversa attività commerciale svolta nei locali in questione, sia che venga intrapresa ex novo da soggetti mai iscritti alla gestione commercianti, rientra a pieno titolo nel settore terziario, ai sensi della legge n. 88/89, trattandosi di un’attività di servizi dotata di autonoma caratterizzazione, quindi soggetta ad obbligo contributivo.