venerdì 30 maggio 2014
LA FINANZA ISLAMICA (SHARI'AH COMPLIANT FINANCE)
La finanza islamica è sempre più oggetto di pubblicazioni e convegni anche in Italia, verosimilmente per l'aumento del volume delle transazioni basate su di essa e quindi per l'aspettativa di intercettare gli investimenti e raccogliere i capitali delle comunità di fede musulmana. Con finanza islamica si intendono le istituzioni ed i prodotti finanziari che rispettano la legge islamica Shari'ah, ed in particolare le Sure di Medina, che trattano gli aspetti politici, economici e sociali della vita quotidiana.
La finanza islamica potrà proseguire nel suo sviluppo e costituire una vera alternativa alla finanza tradizionale se cadranno certe barriere culturali e se le istituzioni islamiche si asterranno dal proporre prodotti sempre più simili a quelli offerti dalle banche occidentali.
La finanza islamica è sempre più oggetto di pubblicazioni e convegni anche in Italia, verosimilmente per l'aumento del volume delle transazioni basate su di essa e quindi per l'aspettativa di intercettare gli investimenti e raccogliere i capitali delle comunità di fede musulmana. Con finanza islamica si intendono le istituzioni ed i prodotti finanziari che rispettano la legge islamica Shari'ah, ed in particolare le Sure di Medina, che trattano gli aspetti politici, economici e sociali della vita quotidiana.
Nella teoria economica islamica, la moneta è vista soltanto come mezzo di scambio e viene proibito il suo utilizzo per creare ricchezza senza legarla ad attività produttive reali. Così, la previsione di un tasso di interesse costituirebbe riba, cioè usura, indipendentemente dal livello applicato, almeno secondo alcune scuole coraniche, transazione proibita: infatti, l'interesse è vietato, perché il tempo appartiene ad Allah. Altri elementi proibiti la cui presenza invalida i contratti sono la speculazione, la gharar, traducibile con "aleatorietà" e il maisir, o azzardo, elementi ben presenti nella finanza tradizionale, ad esempio, nelle operazioni derivate su tassi di interesse o su titoli azionari e nei contratti di assicurazione, fondati sulle probabilità che un futuro evento si possa verificare.
Escludendo la Gran Bretagna, che ha già in programma l'emissione di titoli di Stato in linea con i precetti islamici (sukuk bond) e la Francia, la generalità degli altri Stati europei, Italia compresa, è ancora impreparata: una diffusa scarsa conoscenza dei principi dell'economia islamica, un'istintiva diffidenza e la necessità di adeguare la regolamentazione bancaria per permettere questa nuova operatività, non fanno prevedere per i prodotti Shari'ah compliant uno sviluppo immediato.
Sebbene la finanza islamica stia da tempo registrando una costante crescita, essa ha ancora dimensioni modeste rispetto alla finanza tradizionale. Tuttavia, essa potrà proseguire nel suo sviluppo - del tutto auspicabile per i sani principi etici che ne sono alle fondamenta – e rappresentare anche da noi una vera alternativa alla finanza tradizionale se le scuole coraniche raggiungeranno un'interpretazione più concorde ed un pò più permissiva di certe regole, se verranno meno pregiudizi e barriere culturali e se le banche islamiche, per competere con quelle occidentali, non cadranno nell'equivoco di offrire prodotti molto simili a quelli offerti da quest'ultime, perdendo così la loro identità originaria e con essa la capacità di attrazione di tanti risparmiatori. Cioè, di tutte quelle persone, di qualunque credo, che, indignate dalle crisi e dai danni causati dalla finanza tradizionale e dagli onerosi salvataggi pubblici, intendono rivolgersi per i servizi e prodotti finanziari a istituzioni che pongono l'equità, la promozione della giustizia, la solidarietà, la sostenibilità ed il rispetto di tutti gli stakeholder tra i principi cardine della loro condotta.
In un virtuoso processo di emulazione, anche la finanza tradizionale potrebbe essere gradualmente indotta a temperare i suoi obiettivi di massimizzazione dei profitti e riorientare i suoi valori di fondo.
A cura del Dott. Ugo Zito